Percorso teatrale Ichos 2013-2014
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/ Baal > Fanatici / Medea > Filomena / Mio corpo: mia dimora mio letto d’ospedale mia cassa / le cinque rose di Jennifer / Ferdinando.
(…)Gesto estremo quello di Medea di uccidere i figli. pieno di tormento e pieno di consapevolezza. il cui scopo e il cui senso mirano molto lontano. molto fuori di sé e dentro, molto dentro ad un Prossimo immediato e ad uno da venire e più lontano ancora: i Posteri.
In questo senso sono davvero commoventi i tentativi -tutti riusciti- della Medea di Euripide di oggettivare la sua condizione, ovvero di indirizzare il discorso il più lontano possibile da una dimensione interiore e di trovare fuori di sé le ragioni di quel gesto estremo che lentamente si sta rappresentando dentro di lei. In questo senso sono davvero commoventi e apparentemente destabilizzanti le lacrime con le quali Medea si getta ai piedi di Creonte per supplicarlo di recedere dal suo disegno perché in esso si annidano profonde ingiustizie che offuscano il prestigio della Grecia e ne determinano un destino di decadenza.
Le suppliche e le lacrime stesse che escono dagli occhi di Medea non sono sue. non vengono da dentro ma da fuori e sono in realtà il segno di una supplica all’incontrario che non chiede al re di alleviare con un suo gesto di carità il disagio e la sofferenza di un suo suddito (in questo senso Medea non ha, non avrebbe, bisogno di nessuno) ma che tra le maglie del discorso con cui si articola, intima al non suo re di non commettere quella serie di ingiustizie davanti alle quali ella non potrebbe non reagire (…) ottiene dal non suo re “solo” ventiquattrore per organizzare la sua partenza (…) concessione che si rivelerà un grossolano errore di valutazione: in un solo giorno che va dal tramonto del suo sole al tramonto del sole del giorno che segue, Medea elabora perfeziona e attua il suo piano e questo fornisce ai suoi prossimi e a noi posteri la dimensione reale della sua potenza ... tu Creonte dall’alto della tua carica non avresti dovuto saccente e con sufficienza concedere a Medea le ventiquattro ore peggiori della tua vita …
Dimensionare la portata del proprio interlocutore -amico o nemico che sia- e dimensionare la propria in riferimento ad essa è il paradigma di una corretta, sana, intelligente forma della relazione umana, che abbia nei suoi obiettivi e nei suoi esiti il mantenimento, la garanzia e il rispetto dei diritti, delle istanze e delle dignità dei più deboli (una sorta di Intelligenza della Bontà!).
È questa la forma di relazione umana che lega Medea e Filomena ai propri interlocutori: due figure forti potenti e piene di dignità che si trovano a vivere vicende che le pongono in una oggettiva condizione di debolezza e tuttavia entrambe mai lasciano sul campo neanche una briciola di quella forza di quella potenza di quella dignità in virtù delle quali ognuna a proprio modo vincerà la sua battaglia.
Scrivere di Medea e di Filomena in uno stesso solco di scrittura scenica significa anzitutto preoccuparsi di salvaguardare la forza la potenza e la dignità di queste due figure femminili, legittimandole reciprocamente una di fronte all’altra e legittimandole entrambe di fronte a quelli che saranno i nostri interlocutori, avendo cura di non dimenticare mai che la Rinuncia la natura le azioni e le lacrime che finalmente sgorgano dagli occhi di Filomena sono profondamente umane e che la sua vicenda e i Conflitti che in essa si determinano sono tutti inscritti dentro una dimensione privata domestica familiare. In Medea, invece, tutte queste cose sono di una natura diversa e guardano un po’ oltre. e oltre e fuori portano le ragioni del Conflitto che si fa storico politico sociale.
L’unità di tempo della Filumena Marturano di Eduardo è quella di una vita umana e qui sta tutta la sua forza!
Quella di Medea è una unità senza tempo!
Qualcosa del genere ci accadrà e ci riguarderà anche nel momento in cui metteremo in scena “Baal” e i “Fanatici” scritti praticamente negli stessi anni da due autori diametralmente opposti (Brecht e Musil) i quali ci suggeriscono due prospettive diverse per provare a leggere e a capire gli inizi del 900 e ci lasciano due eredità sulla scorta delle quali provare a costruire a vivere a capire le nostre vite di adesso: una praticamente dimenticata e tutta legata alla potenza umana di nietzschiana memoria e che è il Baal; l’altra apparentemente molto fragile che apre una ferita profonda nel corpo dei Fanatici lasciando venire fuori dimensioni tutte interiori (le interiora direbbe Baal!) che occupano l’intero spazio esistenziale e tutte legate a Freud e alla Psicanalisi e tutte tendenti a trattenere il Conflitto, le Ragioni del Conflitto, dentro la pelle di ognuno o tutt’al più allargate racchiuse e custodite dentro le quattro mura domestiche, lasciando alle persone e alle famiglie la sola possibilità di vivere e di morire tristemente e unicamente di se stesse.
Una doppia opposizione dunque Baal/Fanatici e Medea/Filomena che nei fatti scenici è una concessione che facciamo a noi stessi di percorrere sentieri diversi, cavalcando il “difetto” (brechtiano) e il “privilegio” (pasoliniano) di Pensare.
Nella opposizione Medea/Filomena, esattamente nel mezzo tra le due, ad un certo punto è comparsa la Madonna del Latte, già presente nel nostro lavoro dell’anno scorso “mio corpo: mia dimora mio letto d’ospedale mia cassa” attraverso le cui considerazioni legammo questo lavoro ai nostri “Ferdinando” e “Jennifer” di Annibale Ruccello.
Ancora un reticolo dunque! ancora una mappa concettuale che si arricchisce e si ripropone nella nuova stagione di Sala Ichòs e alla quale si lega con doppia diramazione (Medea/Ruccello).
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