Sala Teatro Ichos
Stagione teatrale 2018/19
Teatro delle bambole
da venerdì 7 a domenica 9 Dicembre 2018
Psicosi delle 4 e 48di Sara Kane
regia Andrea Cramarossa
con Andrea Cramarossa
costumi Iole Verano
“PSICOSI DELLE 4 E 48” di Sarah Kane
Sarah Kane è nata nel 1971. Ha debuttato nel 1994 con la trilogia di monologhi "Sick" e nel gennaio del seguente anno è stato rappresentato al Royal Court di Londra "Blasted" (Dannati), accolto da reazioni estremamente contrastanti e da un intensissimo battage dei media. In seguito ha scritto "Phaedra's love" (L'amore di Fedra), "Cleansed" (Purificati) e "Crave" (Febbre). Ha firmato al Gate Theatre due regie: "Phaedra's love" e "Woyzeck" di Georg Buchner. Ha scritto, inoltre, la sceneggiatura di "Skin", un cortometraggio diretto da Vincent O'Connel e prodotto da Channel 4. E' tragicamente scomparsa nel febbraio del 1999; il suo ultimo lavoro "4:48 Psychosis" (Psicosi delle 4 e 48) è stato rappresentato postumo nel giugno 2000 al Royal Court Theatre per la regia di James Macdonald. Il titolo di quest'ultima opera allude all'ora notturna che secondo le statistiche è il momento di maggiore attrazione verso il suicidio.
Fonte: Sarah Kane. Tutto il teatro. Ed. Einaudi.
La messa in scena. In quella grande rappresentazione della sofferenza che per me è stata la lettura del testo poetico "Psicosi delle 4 e 48", non riuscivo a trovare la chiave per metterlo in scena teatralmente. Finché non mi sono venuti in aiuto i ricordi dell'Autrice, la sua biografia, il suo vivere e il suo sentire. La scelta è caduta nella "non messa in scena", nella voluta impossibilità dello spettatore di "vedere" ciò che accade ma piuttosto costringendolo a "sentire" ciò che accade, come a volerlo volutamente privare di un senso, quello della vista, il senso per eccellenza legato alla razionalità, al nostro mondo - modo occidentale, il senso che appartiene principalmente agli "altri" che vedono sempre tutto e che quindi sanno sempre tutto. Tranne ciò che riguarda loro stessi. Nel buio, la protagonista, si muove, si contorce, crede di colloquiare con altre persone, crede di poter allontanare da sé quel morbo che nell'insoddisfazione dell'inadattabilità, la sta conducendo alla fine del suo cammino che si concluderà in una notte, alle 4 e 48 in una dolce oscurità. In realtà, ancora un volta, si compie un grande dramma: il rifiuto di se stessi e della propria identità, la morte non in nome dell’amore ma per l’assenza di amore. In questa ottica riesce anche a trovare un senso la rappresentazione di questo testo da parte di un attore e non di una attrice. L'identità viene messa in discussione e a tacere. Nel buio non esiste più nulla e l’ermafrodita, da me visto come l’unione della protagonista col suo doppio, il dottore, non trova più nulla cui aggrapparsi, il niente, il vuoto, il non – senso. Ma il buio diviene anche l’occasione per sperimentare l’antimateria in un continuo gioco di opposti, negativo – positivo, attivo – passivo, uomo – donna, anima – corpo. Opposti che alle volte vivono per proprio conto, in un susseguirsi di forze contrastanti e continue suppliche affinché la Fine avvenga e si realizzi, smorzando definitivamente travagli e sofferenze. Attraverso la dissoluzione dell’arte (scenica), l’antimateria, ecco che prende forma la vera e possente rappresentazione dell’angosciante vita della protagonista, paure incontrollabili le cui ombre oscurano ogni spazio possibile.
Andrea Cramarossa
Questo spettacolo è dedicato ad Elvira Maizzani.
immagini di Volchitza Franz
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