Sala Teatro Ichos
Stagione teatrale 2018/19
Compagnia Ragli
giovedì 24 e venerdì 25 Gennaio 2019
L’Italia s’è desta
testo, luci e regia Rosario Mastrota
con con Dalila Cozzolino
Carletta, la scema del paese, racconta la sua storia, il suo segreto. Assiste al rapimento da
parte della 'ndrangheta, in Calabria, del pullman della nazionale italiana di calcio, a due mesi
dall'inizio dei mondiali. Subito lo scoop dilaga, esplode. Esercito, politica, sport e giornalisti
all'assalto del nuovo fenomeno mediatico. Tutti accecati dalla notizia “bomba” da regalare,
non si accorgono di Carla, che sa dove è nascosto il pullman bianco e la nazionale di calcio.
Ma nessuno le crede.
NOTE DI REGIA
Il monologo che racconta è arcaicamente legato alla riflessione sociale che tutto ciò che è detto appartiene alla storia e quindi alla verità. Questa operazione gioca, invece, nel caso specifico, sul falso accaduto. Un'invenzione plausibile che rispecchia la faciloneria delle “vittime” dei mass media e l’esaltazione e manipolazione che ne deriva. Basta pensare ai casi più recenti di manomissione e celebrazione della realtà criminale italiana: Sara Scazzi, Garlasco, Cogne, Costa Concordia eccetera.
Il gioco de L'Italia s'è desta si svolge sull'idea del racconto reale di qualcosa che come al solito, successivamente, viene manomesso. Ma che nel caso specifico è già manomesso alla fonte. E' un racconto metaforico-ironico di un’Italietta credulona, epiteto significativo.
SMITIZZAZIONE DELLA ‘NDRANGHETA
Nel monologo si racconta quanto sia cruda la piccola realtà intrisa quotidianamente di ‘ndrangheta e come la malavita sia arcaicamente consolidata e apparentemente inerme nella vita di un piccolo paese. Per assurdo pare che la ‘ndrangheta non esista, seppur tutti la riconoscono e tutti la temono, non parlandone. Ne L’Italia s’è desta la questione ‘ndranghetista viene affrontata in maniera leggera, dalla lettura “innocente” di una povera ragazza che della semplicità fa la sua arma, innocua. Nessuna spettacolarizzazione, ma solo una derisione innocente, una smitizzazione, che determina un raccontare fatti violenti da un punto di vista ingenuo. E questo, a nostro avviso, fa più male alla ‘ndrangheta, ne distrugge la forza e allontana la paura. Col sorriso innocente e senza neanche un proiettile si riesce a ferire chi, invece, fa della violenza la stabilità della sua organizzazione. Smitizzare può scardinare dei legami che per anni hanno reso l’organizzazione intoccabile. La paura, quella vera, fa parte del vissuto di chi vive in Calabria, ma alleggerire e ridicolizzare potrebbe trasformare e invertire il processo. Non è una risoluzione, purtroppo, ma una leggera parentesi che può nuocere a chi si eleva a capo indiscusso senza regole.